WIDE HIPS 69
Menopause
(Area Pirata)
State per leggere una recensione di parte. Le Wide Hips 69 sono di Teramo come me, siamo amici e negli ultimi tempi ci siamo visti con una certa regolarità per organizzare dei concerti di r’n’r marcio, sporco ma per niente imbecille. Quindi se siete dei piccoli fans della deontologia vi invito a sgrizzare subito via. Wide Hips 69 sono tre donne e un uomo ma, non me ne voglia Luciano (il mio batterista preferito di sempre, e non esagero) può essere considerata a tutti gli effetti una female band. La migliore female garage r’n’r band italiana. E spero di riuscire a spiegarvi il perché nelle poche righe che seguono.
Donne, si diceva, non ragazze. E la chiave sta proprio qui. Una band formata da gente con gusto, attitudine, una montagna di ascolti alle spalle, il disincanto e direi anche la maturità che arrivano solo ad una certa. La voce di Cristina, potente e selvaggia, è alla stregua di uno strumento. La chitarra di Lorena indica la strada come un gps di ultima generazione. La sezione ritmica di Daniela e Luciano tracciano il percorso facendo pozze per terra, immaginate una motoruspa guidata da James Hunt e non sarete molto lontani da quello che intendo.
L’insieme di questi ingredienti fa di Menopause un gran bel disco perché gli ingredienti, appunto, sono cucinati da cuochi col manico che pensano solo a suonare, facendosi una manica di cazzi propri come dovrebbe sempre essere. Inoltre l’album, registrato live in studio e missato dalle sapienti mani di Rosario Memoli (The Wild Week-End e The Provincials), è stato dato alle stampe dalla gagliarda Area Pirata che in Italia, e non solo, è sinonimo di qualità per certe sonorità.
Nel primo pezzo Cristina imita un’oca giuliva e sembra quasi faccia il verso a una olgettina, non a caso il titolo scelto è Stupid Bitch. Subito dopo arriva Blind Woman e si passa dal giorno alla notte (o forse sarebbe più corretto il contrario), al punk prima del punk, venendo catapultati nel bel mezzo di una sassaiola nei sobborghi di Detroit sul finire degli anni ’60 con contusi gravi rimasti agonizzanti sul campo di battaglia.
Gran botta anche la tripletta successiva aperta dall’hard-garage spezzettato Doom and Gloom, che ha un finalino “vocale” niente male, dal manifesto Live Fat Die Drunk con quel bel passo hardcore, per chiudere con la rovesciata plastica I Needed You (scitta da Gaetano dei Wild Week-End) in cui la voce imperiosa di Cristina tocca i livelli di Lisa Kekaula dei Bellrays via Tina Lucchesi periodo Trashwomen. E ho detto tutto.
Da citare pure Beer, Pussy and Tea, non fosse altro per il titolo così delicato e per quell’1-2-6-9 freakantoniano in apertura che anticipa un rullo compressore grezzo e feroce di garage-punk non molto lontano da Eptadone. E ancora il punk dritto per dritto Under The Train il cui sottotitolo “allegory about drugs addiction” non lascia spazio ad interpretazioni.
Per il loro primo album (ufficiale) le Wide Hips 69 hanno pensato bene di fare anche un videoclip come si deve, affidando la regia al comune amico Josh Heisenberg. Il protagonista, Massimo Ciampani, è il cantante della band dark wave Christine Plays Viola: altro caro amico, nonché mio collega di lavoro. Ogni mattina facciamo la pausa caffè assieme parlando di cazzate e rock and roll, cose che spesso coincidono. Io mi prendo un espresso e mi fumo un paio di sigarette una dietro l’altra, lui un caffè al ginseng senza zucchero. Per la cronaca.
L’amichevole recensione che avete appena letto è stata pubblicata qualche giorno fa su BLACK MILK, la più ganza et gonza webzine r’n’r diy italiana.