Post punk scheggiato, ruggine noise, arcobaleni monocolore

GLAAS – Qualm (Static Shock)

Dieci inni disturbati e disturbanti di nichilismo e anarchia. Non poteva essere altrimenti visto che il supergrupp(ett)o in questione ha preso forma e sostanza nel grigiore creativo berlinese, nel post punk fatto di mattoni scheggiati, nella ruggine noise, negli arcobaleni garage psichedelici monocolore.

Ma, per quanto disturbanti, sempre di inni si tratta.

Maestro di cerimonie Alexis Zakrzewska che con la sua voce arrochita velenosissima sorvola il terreno arido reso gommoso dal basso rimbalzante della spagnola Raquel Torre (vi consiglierei di ascoltare An Ode To Ravachol e The Moon). O, come in Easy Living, segue con un’indolenza carica di livore la chitarra lavica di Seth Sutton: uno che via Mississippi ha fatto marachelle con Ty Segall e miracoli weird punk nei troppo poco considerati Useless Eaters. La quota carisma e sintomatico mistero è nelle dolci mani di Cosey Mueller che piroettano impazzite sul synth.

Questo non è un album facile. Per niente. Pieno com’è di ronzii, fratture e minacce sonore fa venire il mal di testa. Un bel mal di testa.

NEUTRALS: il fantastico mondo di bugie post punk

NEUTRALS – Bus Stop Nights EP (Static Shock)

Terry Malts, Magic Bullets, Airfix Kits, Cocktails, Giant Haystacks. Come si dice dalle mie parti, “fa prova” se conosciamo solo un paio di questi gruppi che hanno schierato nelle loro fila i componenti dei Neutrals: ennesima piccola-grande band DIY da amore al primo ascolto per chi, come me, piazza sui gradini più alti del proprio podio musicale il post punk e il power pop storto di matrice indie.

Il trio di Oakland si supera nell’abbagliante Gary Borthwick Says che ha un andamento super catchy (scusate ma non trovo un corrispettivo così potente in italiano), all’incrocio tra Fall e Undertones. Il cantante chitarrista Allan McNaughton si è trasferito a San Francisco nel 1995 ma è originario di Glasgow, l’accento non tradisce, e in un modo o nell’altro Shop Assistants, Josef K e Vaselines sono nel suo dna.

A proposito di Gary Borthwick mi ha detto Allan: “Non è una persona reale ma rappresenta un certo tipo di personaggio che vive in un mondo fantastico di bugie!”. La sezione ritmica dei due Phil (Benson e Lantz) è 100% California al crepuscolo. Il risultato sono quattro pezzi scritti benissimo da gente che ha interiorizzato la lezione di Hüsker Dü e Agent Orange per poi riscoprire il movimento C86 solo dopo, molto dopo, in età giusta… se non mi credete sulla parola, chiudete gli occhi e fatevi sorprendere dal fragrante aroma Wedding Presents della title track.

Per me singolo dell’anno. Senza se e senza ma.

Una versione più sintetica di questa pur breve recensione è stata pubblicata su RUMORE di maggio col voto 82/100. A distanza di qualche mese, e più di qualche ascolto, porterei il voto a 85/100. Almeno.

Lo strano classic rock degli Sheer Mag

Sheer Mag
La comparsa sulle scene degli Sheer Mag la equiparerei a un mezzo miracolo. Forse esagero ma per me è stato così. Non saprei come altro definire un gruppo dedito fondamentalmente al classic rock – genere che detesto – ma con una spiccata attitudine garage punk diy, (ci)piglio indie, caramellosità power pop e una cantante esplosiva come Tina Halladay: praticamente una Cindy Lauper con la cassa toracica di Aretha Franklin, o viceversa.
Dietro di lei i fratelli Hart e Kyle Seely, basso e chitarra solista, Matt Palmer alla chitarra ritmica e l’ultimo arrivato Ian Dykstra alla batteria. I quattro componenti originari si sono conosciuti al Purchase College di New York. Al tempo Hart e Kyle suonavano nei Sirs mentre Matt nei Weird Korea, due gruppi di area post punk e hardcore che giravano spesso assieme. Tina cantava invece negli Shakes, una sorta di turbo Motown band votata a un soul punk niente male: potete ascoltare il loro unico 7” del 2012 qui.

Gli Sheer Mag li ho scoperti nell’ottobre del 2014 dopo uno dei miei soliti giri in rete. Mi hanno flashato subito, che vi devo dire. Appena ho ascoltato i pezzi del primo 7” EP omonimo ne ho scritto su Rumore appioppandogli un 8 tondo tondo. Eccovi la breve recensione pubblicata sul numero di dicembre 2014.
Portare il power-pop verso altri lidi è una scommessa difficile, quindi vale doppio quanto fatto dalla band di Philadelphia che stende i nervi senza mai perdere in melodia, senza mostrare inutilmente i muscoli o svicolare nel noise. Eccellente il lavoro della chitarra che procede per strappi e riff a mo’ di mini assoli bluesy. I 4 pezzi dell’EP ci dicono che potrebbe essere nata una nuova grande stella: nel senso di Big Star.”

Evidentemente tanto sciocco non sono visto che il gruppo di Filadelfia dopo quel primo EP ha iniziato rapidamente a far breccia nei cuori di migliaia di persone, calcando i palchi di festival importanti come Coachella, SXSW e Primavera Sound, nonché guadagnandosi le attenzioni di Rolling Stone che all’inizio del 2015 li ha inseriti tra le band da tenere d’occhio. E il tutto senza sputtanarsi, attenzione.

Sheer Mag - 7" EP

Nelle recensione del primo EP tiravo fuori i Big Star anche per l’allettante gioco di parole, non lo nego. Oggi per sbrigare la pratica comparativa, ineludibile per noi scribacchini musicali, compro una consonante, la T, e dico Thin Lizzy e Television: pur sapendo che il gruppo preferito di Kyle, il compositore principale degli Sheer Mag, sono i fottuti Fleetwood Mac. In più sottoscrivo parola per parola questa frase che ho letto da qualche parte sul web: “Le loro canzoni trasudano la beatitudine del power pop e la ribellione del punk”.
Ineccepibile anche la scelta di pubblicare un 7” EP di quattro pezzi l’anno, praticamente autoprodotto con il marchio Wilsuns Recording Company e una grafica di copertina simil seriale curata dalla band stessa. Così come starsene in disparte ed evitare di ciarlare sui social, alimentando così l’alone di mistero che sta alla base del rock and roll.

Sheer Mag - Compilation LPLe 12 canzoni dei tre EP pubblicati nel 2014, 2015 e 2016 sono state rimasterizzate e da poco raccolte su un bel vinile 12” che non aggiunge nulla ma accresce il mito della band di Philly. Neanch’io aggiungerò qualcosa sui pezzi. Mi preme solo dirvi che i riff di Fan The Flames, la hit dal secondo EP, li vedrei perfetti per i titoli di coda del remake del telefilm Il mio amico Arnold.
Il punto è che trovo la portentosa Tina Halladay e i ragazzi che smazzano rock senza tempo nelle retrovie inafferrabili, ecco. La loro musica è la rivincita dei gregari, la calma apparente del secondo portiere: do you know Renato Copparoni? Perennemente in panca ma con una laurea in tasca. Quindi ha vinto lui. Anche se noi non lo sapevamo e schifavamo la sua figurina Panini.

Degli Sheer Mag invece sappiamo tutto, o meglio sappiamo quel poco che c’è da sapere. Non dico di svenarvi per far vostri i tre 7” originali, ma portarsi a casa il 33 giri che li raccoglie sarebbe cosa buona è giusta. In giro si trova l’edizione americana su Wilsuns RC; a breve sarà disponibile l’edizione europea su Static Shock Records, l’ottima etichetta indipendente inglese che negli ultimi anni sta tirando fuori un disco migliore dell’altro. I feticisti sappiano che sono disponibili anche due edizioni nel formato cassetta, dal titolo First Three E.P.S., sull’indonesiana Necros Records e su Exit Music della Malesia.

Sheer Mag - First Three E.P.S. cassette

PS: per chi se lo stesse chiedendo Mag sta per Magnitude. Sheer Magnitude si potrebbe tradurre con “vastità” ma non ne sono così certo.