JOE PERRINO – Canzoni di Malavita III pergrazianonricevuta (Freecom Music)
Nicola Macciò, ai più noto come Joe Perrino, si è guadagnato il rispetto in decenni di palchi e dischi: dal garage beat dei Joe Perrino & The Mellowtones agli Elefante Bianco, passando per l’esperienza londinese con Horse London e The A.D. Show. A metà degli anni ’90 si è avvicinato al teatro canzone in un lungo percorso che lo ha portato a recuperare vecchi brani della malavita di cui oggi pubblica questo terzo volume.
In tutta onestà ho seguito poco e a distanza il dopo Mellowtones del nostro. Il fatto è che non amo i tatuaggi e non ho mai subito il fascino della malavita. Gli unici contatti per così dire criminali li ho avuti quando un mezzo malavitoso slavo importunò una mia ex fidanzata e trovandomelo di fronte mi cacai addosso e compresi al volo che era meglio girare i tacchi alla svelta; oppure leggendo i romanzi di Nicolai Lilin o guardando con le terga sul divano Romanzo Criminale (film e serie tv), Gomorra (film e serie tv), Suburra (solo film) non trovandoli poi così travolgenti. Posso aggiungere al mio pingue curriculum nel settore che di tanto in tanto sbircio sul canale Youtube del Cicalone/Scuola di Botte i video dei quartieri criminali romani, che sono stato in carcere una sola volta per via di un lavoro di ricerca e mi ha preso male persino lasciare gli effetti personali al gabbiotto dell’entrata.
Stop.
Quanto appena dichiarato mi avrebbe dovuto far evitare un disco del genere. Cosa che avrei fatto se non avessi ri-incontrato Joe Perrino in occasione del nuovo, inaspettato e spettacolare 7” del gruppo sardo, di cui ho scritto su Rumore (qui potete leggere il pezzo). È questo il motivo per il quale mi sono messo di buzzo buono ad ascoltare Canzoni di Malavita III – pergrazianonricevuta.
C’è da dire subito che più dell’eleganza di Ornella Vanoni – con la complicità di Giorgio Strehler – e del sentire profondo di Gabriella Ferri, in questo album c’è piuttosto il zum zum di paese in una centrifuga di Vinicio Capossela, Castellina-Pasi e Bandabardò con un tocco di De André: con i pro e i contro del caso (a proposito: mi spiace molto per la prematura scomparsa di Erriquez, nonostante la sua Banda mi abbia sempre detto poco più di nulla).
Graziella, recuperato dalla tradizione carceraria orale, è il pezzo più deandreiano con il suo carico di insicurezza, perdita e tremenda vendetta. Liscio a go-go in Sangue Innocente che, a dispetto di un incedere da sagra paesana annaffiata di vino e colori estivi, disegna a carboncino una storia di autolesionismo figlia della detenzione.
Per quanto mi riguarda va molto meglio quando Joe veste i panni del crooner sentimentale a cui hanno spaccato i denti in carcere, come in pergrazianonricevuta, title track dell’album e dell’ominimo film, “che racconta di un viaggio nelle carceri sarde a bordo di un’Ape Piaggio, decorata e trasformata in una sorta di carro votivo di oggetti ricevuti direttamente dai detenuti”. Oppure nella conclusiva Ricominciare Da Capo che inizia con i versi “La felicità è un poliziotto con la pistola” e prosegue con “La felicità è un rapinatore con una bomba” cantati qualche tono sopra, chiudendo la partita con l’auspicio di una rinascita lontano dai guai.
In finale: un album per fan della prima ora e galeotti, meglio se insieme. Io non sono né l’uno, né l’altro. Ma, in fondo, l’ho apprezzato lo stesso. E non è detto che prima o poi non decida di tatuarmi una bella pistola sul braccio circondata dalla scritta Gun Club.
