Post punk scheggiato, ruggine noise, arcobaleni monocolore

GLAAS – Qualm (Static Shock)

Dieci inni disturbati e disturbanti di nichilismo e anarchia. Non poteva essere altrimenti visto che il supergrupp(ett)o in questione ha preso forma e sostanza nel grigiore creativo berlinese, nel post punk fatto di mattoni scheggiati, nella ruggine noise, negli arcobaleni garage psichedelici monocolore.

Ma, per quanto disturbanti, sempre di inni si tratta.

Maestro di cerimonie Alexis Zakrzewska che con la sua voce arrochita velenosissima sorvola il terreno arido reso gommoso dal basso rimbalzante della spagnola Raquel Torre (vi consiglierei di ascoltare An Ode To Ravachol e The Moon). O, come in Easy Living, segue con un’indolenza carica di livore la chitarra lavica di Seth Sutton: uno che via Mississippi ha fatto marachelle con Ty Segall e miracoli weird punk nei troppo poco considerati Useless Eaters. La quota carisma e sintomatico mistero è nelle dolci mani di Cosey Mueller che piroettano impazzite sul synth.

Questo non è un album facile. Per niente. Pieno com’è di ronzii, fratture e minacce sonore fa venire il mal di testa. Un bel mal di testa.

L’apocalisse a Venezia

DESTROY ALL GONDOLAS

Laguna di Satana

(MacinaDischi/Sonatine Produzioni/Death Crush Distro/Crampi Records/Shyrec)

Nome del gruppo e cognome – il titolo del disco – sono tutto un programma. I ragazzi veneti (de)cantano gli aspetti più sporchi e paludosi della Serenissima, vampirizzando l’hardcore per piegarlo alle logiche sconclusionate della musica surf stritolata dal thrash e dal noise. Visioni apocalittiche, violenza spasmodica ma anche tanta ironia, a mio avviso, in questo bell’ellepì nero come la pece. Un album che mi fa dire/scrivere “dal tramonto all’alga” per raccontarlo in estrema sintesi da gonzo di provincia quale sono.

I Destroy All Gondolas sono in tre, tutti con significative esperienze musicali alle spalle. Alcune delle precedenti band in cui hanno suonato Enrico, Andrea e Corrado e che ho amato sono Hormonas, John Woo, Gonzales e Il Buio. Per saperne di più ascoltate il disco sulla pagina Bandcamp in free download, leggetevi tutta la loro storia, dall’esperienza Black Flag Revival in poi, e magari se ne trovate una copia compratevi il vinile prodotto da una bella cordata di etichette/distro italiche. Ne vale la pena.

https://macinadischi.bandcamp.com/album/md12-laguna-di-satana

La musica pesante di David Yow

DYow_1Penso che David Yow non abbia bisogno di presentazioni. Scratch Acid e ancor più Jesus Lizard sono parte del Dna di quella musica bastarda partorita dal punk che tanto ci piace da queste parti. Ai giovani ignari ma curiosi consiglio di surfare sul web, googlare, far quel cazzo che vi pare… ma comunque recuperare.
Ciò detto in pochi sanno che il 55enne urlatore post-punk nativo di Las Vegas è anche un artista noto negli ambienti off. Sulle sue reali qualità di pittore/scultore sinceramente non saprei dirvi. Mi preme soltanto raccontarvi cosa ha combinato per il suo debutto solista, a cui pare abbia lavorato 15 anni: Tonight You Look Like A Spider, pubblicato l’estate scorsa dalla Joyful Noise Records di Indianapolis.
Ok, c’è un certo numero di copie in vinile nero. Ok pure per le 450 copie numerate a mano in vinile grigio-nero marmorizzato. La vera sorpresa sta nelle 50 copie della “Deluxe Monolith Vinyl Edition”, ovvero una lastra di cemento che David Yow in persona ha marchiato a caldo, timbrato e infine perforato col trapano per piazzarci una specie di stantuffo e appenderci il vinile. Praticamente una scultura tra la pop-art, l’informale e l’arte applicata che starebbe da dio tanto nel salotto di Renzo Arbore quanto nel cimitero di Teramo.
Sul contenuto musicale dell’album la critica è stata tranchant. E direi a ragione visto che si tratta di cut-up sonoro con velleità d’avanguardia, inzuppato di prescindibili sperimentazioni electro e vocalizzi teatrali buttati lì un po’ alla cazzo di cane. Roba noiosa piuttosto che noise, pesante quanto la lastra di cemento della sorprendente edizione deluxe.

Pezzetto, piuttosto pesante, pubblicato all’inizio di marzo del 2014 sulla defunta webzine Black Milk.

Vuotate il sacco e correte più leggeri

IL VUOTO ELETTRICO
Virale
(DreaminGorilla/Banksville)

IlVuotoElettrico_ViraleC’erano una volta gli anni ’90 del noise-rock tricolore cantato, urlato, finanche parlato nella lingua di Dante e, ahimè, di Dente.
Era la risposta rumorista e “hardcore” ai cantautori dei decenni precedenti. Fluxus, Massimo Volume, Santo Niente, Six Minute War Madness. Un vuoto elettrico, appunto, come quello di questo cazzuto gruppo esordiente che si muove sull’asse Bergamo-Brescia.
Un vuoto elettrico imbevuto di noise e post-hardcore a volte minimalista e altre massimalista, riempito da testi spesso recitati dove il confine tra la sagacia e il cut-up alla cazzo di cane è invisibile.
Per dire, Arianna tace pare una versione capovillizzata di Chiara dei Rats e non saprei dirvi sinceramente quale delle due è l’offesa e quale il complimento. Le lacrime di Dio è un bel pezzo tirato che emette quella puzza (o odore, dipende dai punti di vista) tipica di una palestra piccola e buia dove si pratica la boxe: in questo caso i contendenti sono Massimo Volume e Linea 77.
Mi piacciono le progressioni ritmiche serratissime e gli intrecci chitarristici elettropsichedelici che Il Vuoto Elettrico sfoggia, ad esempio, in un pezzo come Il tuo ego, il mio crollo. Ma la carne al fuoco mi pare troppa: c’è persino la cover di Emilia paranoica dei CCCP, invero riuscita molto bene.
Il consiglio spassionato è di cavare, limare, buttare a mare e togliersi così i pesanti fardelli che nel tempo rischiano di schiacciarli.

Tre dita nel culo del cantautorato indie

3 FINGERS GUITAR
 Rinuncia all’eredità
(Snowdonia/Rude/Neverlab/DreaminGorilla)

cover 3 Fingers Guitar - Rinuncia all'ereditàDa qualche tempo, troppo tempo a mio modesto parere, nel Belpaese va alla grande il cosiddetto cantautorato indie che è mediamente giovane, carino e disoccupato. E che non dà fastidio a nessuno. Fortuna che in Italy ce n’è anche un altro di cantautorato, più viscerale e “hardcore”, che agli indie canterini di cui sopra ci infila tre dita nel culo e le tira fuori piene di merda.
Il savonese Simone Perna, in arte 3 Fingers Guitar, lo incarna bene questo cantautorato bastardo nel concept album sul rapporto padre-figlio che è il suo terzo disco, il primo nella lingua di Capovilla… ops volevo dire di Dante. Una roba diversa dalla minestra propinataci di solito. Accostabile, non fosse altro per l’italico idioma, al tribalismo cavernoso dei Bachi da Pietra e alle declamazioni noisy dei primi Massimo Volume (Riproduzione). Una roba sperimentale, rumorosa ma anche un bel po’ ritmica e percussiva: d’altronde il nostro è stato il batterista di Viclarsen e Affranti, anche se qui a battere il battibile non è lui ma Simone Brunzu dei Washing Machine che, in tutta sincerità, non ho la minima idea di chi cazzo siano.
La cosa che più mi piace dei 7 pezzi di Rinuncia all’eredità è che si tratta di musica disturbata e disturbante dove però c’è una logica di fondo; e non solo perché è un concept, mi riferisco piuttosto alla materia sonora. E poi c’è da dire che funziona la commistione tra le cavalcate acustiche come la title track in pieno Edda style o Fuga (che io avrei osato intitolare Figa) e il post-punk angolare di pezzi quali Ingresso e P.
Parlerei quasi di un nuovo teatro-canzone in salsa no wave, ubriaco di Bacardi e chinotto Neri. Ma è una di quelle tipiche frasi che i recensori buttano lì alla cazzo di cane, lo so.

La recensione che avete appena letto è stata pubblicata (anche) sulla meglio webzine r’n’r italiana che risponde al nome di BLACK MILK.