FERRO SOLO
Almost Mine: The Unexpected Rise and Sudden Demise of Fernando
(Riff/Fernando/Area Pirata/Deambula)
L’improvvisa scomparsa di Fernando è un concept r’n’r che, come quei libri antichi di un certo valore (affettivo e non solo), vanno tenuti in bella mostra nella credenza buona per vantarsene con i conoscenti. Più che azzeccato, quindi, l’artwork di copertina in stile Adelphi che mi fa pensare un po’ al mondo antico di Sir Billy Childish.
A differenza dell’amico Luca Calcagno che ha scritto: “Ferro Solo sembra il nome di un rapper di infimo valore e ciò rappresenta l’unico neo di un disco bellissimo”, mi piace anche il monicker che Ferruccio Quercetti dei Cut si è scelto per il suo progetto in solitaria. Mi piace perché cela qualcosa di molto più intimo e profondo di quanto l’evidente gioco di parole possa far pensare. Che poi Ferro è Solo per modo di dire, circondato com’è da amici di vecchia data, tra membri di Jule’s Haircut (Luca Giovanardi e Andrea Rovacchi), Three Second Kiss (Sergio Carlini), Chow (Riccardo Frabetti) e i Giuda al completo nella bombetta superglam He Spies.
L’album è di una varietà sorprendente. Un consuntivo brillante. Perché quando in musica tiri le somme queste sono inevitabilmente il risultato dei tuoi ascolti. E Ferruccio ha vissuto, vive e scommetto vivrà fino alla fine dei suoi giorni con la musica e per la musica: la nostra piccola-grande musica.
Acceca l’arcobaleno di suoni e umori dispiegato da Ferro e sodali che passano con naturalezza, verace passione – e direi gran manico – dalla cupezza suicideiana di Got Me A Job a ballate pianistiche da caminetto acceso come Perfect Stranger e Gala. Oppure, in un amen, dalla New York di Lou Reed all’Inghilterra autunnale di Lloyd Cole in This Daddy’s Girl e Almost Mine. Glielo detto anche di persona a Ferruccio che a me ricorda molto Billy Bragg ed è bello, chiudere gli occhi mentre va Doppelgänger … chiudere gli occhi e fantasticare che Stephen William Bragg stia rintanato in un’umida sala prove di Belfast a sudare assieme agli Stiff Little Fingers.
Otto tondo tondo e album che va dritto come una spada nella cinquina dei dischi italiani dell’anno.