Vuotate il sacco e correte più leggeri

IL VUOTO ELETTRICO
Virale
(DreaminGorilla/Banksville)

IlVuotoElettrico_ViraleC’erano una volta gli anni ’90 del noise-rock tricolore cantato, urlato, finanche parlato nella lingua di Dante e, ahimè, di Dente.
Era la risposta rumorista e “hardcore” ai cantautori dei decenni precedenti. Fluxus, Massimo Volume, Santo Niente, Six Minute War Madness. Un vuoto elettrico, appunto, come quello di questo cazzuto gruppo esordiente che si muove sull’asse Bergamo-Brescia.
Un vuoto elettrico imbevuto di noise e post-hardcore a volte minimalista e altre massimalista, riempito da testi spesso recitati dove il confine tra la sagacia e il cut-up alla cazzo di cane è invisibile.
Per dire, Arianna tace pare una versione capovillizzata di Chiara dei Rats e non saprei dirvi sinceramente quale delle due è l’offesa e quale il complimento. Le lacrime di Dio è un bel pezzo tirato che emette quella puzza (o odore, dipende dai punti di vista) tipica di una palestra piccola e buia dove si pratica la boxe: in questo caso i contendenti sono Massimo Volume e Linea 77.
Mi piacciono le progressioni ritmiche serratissime e gli intrecci chitarristici elettropsichedelici che Il Vuoto Elettrico sfoggia, ad esempio, in un pezzo come Il tuo ego, il mio crollo. Ma la carne al fuoco mi pare troppa: c’è persino la cover di Emilia paranoica dei CCCP, invero riuscita molto bene.
Il consiglio spassionato è di cavare, limare, buttare a mare e togliersi così i pesanti fardelli che nel tempo rischiano di schiacciarli.

Santo & Johnny, Santo Barbaro, Santo subito

SANTO BARBARO
Geografia di un corpo
(diNotte)

santobarbaro_geografiadiuncorpoQualche giorno fa mi è capitato di rimettere sul piatto uno dei primi singoli di Santo & Johnny, il celeberrimo Sleep Walk/All Night Diner del ’59 a cui mi sono subito abbandonato lasciandomi cullare. Per assonanza ho pensato al nuovo album dei Santo Barbaro che da circa un mese staziona sopra la piastra per le cassette: posto dove lascio a bagnomaria i cd che mi sono piaciuti per tenerli a portata di mano e orecchie, o quelli che non mi hanno convinto ma a cui sento di dover ridare una chanche.
Geografia di un corpo, terzo o quarto album del duo di Forlì, non lo so di preciso, rientra appieno nella prima categoria poiché mi ha convinto sin dal primo ascolto. Un disco che fa pensare alla solitudine esistenziale di Michel Houellebecq e dei Joy Division. Non il massimo dell’allegria, d’altronde c’è poco da stare allegri. Suonerà retorico eppure mi sento di dire che i Santo Barbaro incarnano alla perfezione questi nostri tempi confusi e alquanto barbari, appunto. E lo fanno con una poetica personale, spingendo il cantautorato verso il baratro, nelle oscure sperimentazioni psych-tribali della wave e del post punk. Pieralberto Valli usa le parole da scrittore vero (qual è, in fondo), col contagocce, giocando di sottrazione e reiterazione immaginifica: penso a Pavlov, Zolfo e soprattutto a Finché c’è vita, un pezzo che i vecchi fan dei vecchi Marlene Kuntz stanno ancora aspettando invano.
Geografia di un corpo è un disco di rock eruttivo, vulcanico, magmatico (che poi sono la stessa identica cosa ma la tripletta rafforza l’idea), dove giganteggiano la virulenza opalescente di Ora il presente e Corpo non menti che mi ha fatto immaginare i CCCP rapiti e costretti a suonare in una balera romagnola degli anni ’70 sotto LSD.
I titolari della sigla Santo Barbaro sono due, il già citato songwriter Pieralberto Valli e Franco Naddei che maneggia l’elettronica. Con l’aiuto di amici per questa occasione sono diventati nove: 2 chitarre, 2 bassi, 2 batterie, 2 percussioni e 1 synth. Una bella squadra di musicisti che si sono chiusi per tre giorni in un casolare di campagna dove hanno registrato live, in presa diretta, gli undici pezzi di questo disco. Che è un gran bel disco, se non lo si fosse ancora capito.

Recensione pubblicata esattamente un mese fa su BLACK MILK di uno dei più bei dischi italiani cantati in italiano dell’anno passato, secondo me.

N(u)ovi? No… svizzeri!

FEDORA SAURA
La via della salute
(Pulver & Asche Records)

cover FedoraSaura_LaViaDellaSalute Si proclamano anti-cristiani e anti-capitalisti. Citano il teatro-canzone e i CCCP, Nietzsche e Deleuze. Usano il verbo performare e aggettivi quali provocatorio e destabilizzante. Per me che sono un vecchio rockers di provincia già basterebbe per non pensarci più e lanciare dalla finestra il secondo disco del gruppo svizzero del Cantone Ticino, come dicono loro, “terra di invisibili confini culturali”.
Un disco che mi sa avrei fatto bene a stendere al collega di Black Milk, Maicol Brambilla, ma ci sarebbe potuto andare in fissa e magari regalare l’Ulisse di Joyce alla sua puttana preferita del night di Binasco: non sia mai!
Così mi ci metto d’impegno e me lo ascolto per bene. Sento anche un’amica giornalista che di musica ne sa e mi dice che questi Fedora Saura (nome di una cavalla mezzosangue tre volte vincitrice del Palio di Siena) le ricordano molto Ferretti. E aggiunge che qualunque cosa le ricordi il Giovanni Lindo la mette in gran difficoltà. In effetti un pezzo come Soma pneumatico è smaccatamente CCCP, aggiungerei fuori tempo massimo, e ‘sta cosa mi piglia male perché penso che il salmodiare ferrettiano abbia oramai abbondantemente sfrantato l’ano.
Eppure, al netto di quanto testé detto e delle striscianti influenze capovillane (molto ma molto peggio di quelle ferrettiane), questi elvetici non mi dispiacciono perché sono giocosi. Nel complesso si avverte una lucida (auto)ironia che mi fa tornare alla mente il grande e ahimè misconosciuto Sandro Oliva, penso soprattutto a un pezzo come In verità vi dico. Insomma, questo per me è il tipico gruppo che potrebbe permettersi di fare un pezzo intitolato “Carmelo Pene”: ed è uno dei più grandi complimenti si possa fare ad un gruppo rock che pasteggia ogni dì la parola arte.
E poi in fondo funziona il gioco vocale tra Marko Miladinovic e Sandra Ranisavljevic che dovrebbe essere, a quanto scritto sulla presentazione, una cantante lirica. Inoltre devo dire che non mi dispiacciono affatto la nenia reggaeggiante e gaberiana La natura e l’impasto di no-wave teatrale e noise-core Tenete buoni quei cani.
L’album è uscito in una bella e pulita edizione cd digipack, qui potete ascoltarlo in streaming.

Recensione pubblicata (anche) sulla meglio webzine r’n’r italiana che risponde al nome di BLACK MILK.