SPLIT SYSTEM: compattezza e autenticità Aussie Rock

Stiff Richards, Jackson Reid Briggs & The Heaters, Doe St, Speed Week, The Black Heart Death Cult, No Zu: queste sono alcune delle piccole-grandi band di Melbourne da cui provengono i cinque componenti degli Split System. Di fatto stiamo parlando di un super gruppo formato un po’ per caso, un po’ per noia, molto per amicizia e stima reciproca. La spinta iniziale è stata del cantante Jackson Reid Briggs per colmare i vuoti tra una chiusura e l’altra nel periodo della prima ondata della pandemia. Nella primissima jam era seduto lui dietro la batteria, poi hanno imbarcato alle pelli Mitch McGregor e sono subito nati i pezzi dell’EP d’esordio pubblicato su piccolo vinile nel 2022.

A pochi mesi di distanza è uscito l’album Vol. 1. A inizio 2024 hanno dato alle stampe il loro secondo album intitolato, senza troppo sforzo, Vol. 2 pubblicato in patria dalla Legless, in USA dalla mitica Goner e per l’Europa dalla inglese Drunken Sailor. Un monolite di proto punk, garage rock e power pop. Può sembrare un esercizio retorico ma, credetemi, ci ho pensato molto prima di trovare la parola giusta per descrivere questo piccolo-grande gruppo formato da musicisti che animano il più sincero sottobosco r’n’r dell’area metropolitana di Melbourne. Quella parola è compattezza. Con Vol. 2 gli Split System continuano a correre a grandi falcate sulla strada battuta dai Saints e, più di recente, dagli Eddy Current Suppression Ring – influenza rivendicata tanto da volere Mikey Young a masterizzare l’album – e dai purtroppo dimenticati Royal Headache.

La sicurezza, nient’affatto spavalda, che gli australiani mostrano su Vol. 2 non lascia indifferenti. Sì perché per quanto già molto buono, il Vol. 1 era frutto di jam a distanza. In questi 11 pezzi, invece, è quasi possibile sentire il sudore della sala prove. Di certo si sente un affiatamento frutto della pratica sui palchi: l’estate scorsa hanno affrontato un lungo tour europeo che li ha portati anche in Italia. Cuore, polmoni, sangue, carne viva e una fierezza DIY che esplode nella voce arrembante del frontman Jackson Reid Briggs (un Damien Lovelock profondamente working class) e negli intrecci perfetti delle Telecaster di Arron Mawson e Ryan Webb. La sezione ritmica viaggia coesa anche quando il ritmo rallenta, come in The Drain. Se non lo si fosse capito siamo nell’Olimpo Aussie Rock, dove riff robusti e taglienti sanno essere carezzevoli come nel mid-tempo percorso da una favolosa melodia elettrica di Alone Again. E gli affondi punk’n’roll non sono mai deliberati (Anything), hanno profondità post punk (Dave) e la forza di esplodere in ritornelli liberatori come nel caso di End Of The Night. Onestà, passione, urgenza, energia. Di questi tempi dischi del genere sono essenziali per chi ha a cuore le sorti del r’n’r chitarristico e ‘ntu culu le pretese arty.

Ho parlato di compattezza per descrivere con una sola parola il secondo album del gruppo australiano. La seconda parola è autenticità. Ingredienti fondamentali per chiunque suoni r’n’r. Anche questo mi ha spinto a contattare il chitarrista degli Split System Arron Mawson, vero faro della scena r’n’r dell’area di Melbourne con la sua Legless Records e con l’impegno in altre grandi band come Stiff Richards, Doe St. e Polute. Oltre che neo padre, lui che il padre lo ha perso troppo presto.

Sembrate una band molto coesa ora. Cosa è cambiato rispetto al primo album? Non credo sia solo questione di aver suonato tanto insieme, penso ci sia qualcosa di più profondo e ancestrale…

È difficile da dire amico… sicuramente ha influito il fatto di aver avuto più tempo per suonare insieme, ma allo stesso tempo direi che hai ragione. Immagino che più tempo passi a cercare gli stili e le influenze di ognuno, più aumentano le influenze di tutto il gruppo e poi inevitabilmente vengono fuori nella musica che suoni. Onestamente non siamo un gruppo di persone che arrivano a scrivere canzoni con intenzioni predefinite. Di solito le canzoni partono da un’idea di qualcuno che sviluppiamo insieme sulla base della sensazione iniziale. Se l’energia è buona, allora diventa una canzone abbastanza facilmente. Se non funziona, la buttiamo via e continuiamo ad andare avanti. Vol. 2 è stato solo un ulteriore passo avanti nella direzione che ci sembrava più giusta.

È solo r’n’r o c’è altro dietro la musica degli Split System? Insomma, perché “sbattersi”, girare il Paese e il mondo suonando r’n’r? Lo si fa per se stessi, per entrare in empatia con persone simili, per astrarsi dalla merda che ci circonda o cosa?

Tutti noi troviamo un grande senso di cameratismo gli uni con gli altri e con la comunità che ci circonda. E, come ti dicevo, riteniamo sia molto importante anche che questa energia sia condivisa, che si facciano le cose per le giuste ragioni. Musica e divertimento sono un modo davvero potente per riunire le persone, essere liberi e sentirsi parte di qualcosa di speciale. Una sensazione incredibile e se riusciamo a facilitarla anche solo un po’ per gli altri, stiamo andando nella direzione giusta. In questo momento il mondo è pieno di stronzate inutili, fare del r’n’r con gli amici è qualcosa ancora reale.

Se devo scegliere solo una canzone dell’album dico End Of The Night. Ma cosa succede alla fine della serata?

La canzone parla di trascorrere una grande serata fuori. Una di quelle serate che vorresti non finisse mai. Alla fine il sole sorge e subentrano sentimenti di rimpianto e ansia.

Per concludere una curiosità: in un’intervista ho letto che tra Saints e Radio Birdman scegliete tutti i Saints senza esitazione…

In realtà siamo tutti grandi fan di entrambi i gruppi. Entrambi i gruppi erano in prima linea nelle sonorità punk degli anni 70, con i Saints che arrivarono proprio all’inizio di quell’ondata insieme a Damned e Ramones. Dall’esterno sembra che tutte e due le band si concentrassero più sul fare buona musica che sull’atteggiamento e sulle pose punk. Questo ci piace. I Saints in particolare sembravano ragazzi normali, distaccati dal movimento più ampio che si stava svillupando in quel momento.

Il pezzo-intervista-recensione che avete appena letto è stato pubblicato parzialmente sui numeri di marzo e giugno 2024 di Rumore.