into the garage #3

cover Mockba cover Model Citizen cover Hidden Charms

Tempi di stampa, cazzi e mazzi annessi, obbligano noi umili dopolavoristi del r’n’r a consegnare i pezzi più di un mese prima che voi possiate leggerli. Quindi, malgrado sia un agosto afosissimo e si suda da fermi come scrofe gravide, la mia stanzetta è resa ancor più bollente dalla musica che fuoriesce dallo stereo. Ma come si suol dire “dove c’è gusto non c’è perdenza”, e ora diamo inizio alle danze! Che la Nicotine sia una gran bella etichetta senza paraocchi non fa più notizia. Basta scorrere il suo variegato catalogo, ora irrobustito dagli eclettici MOCKBA. Da chi si fa chiamare John Lenningrad, Paul McCarthy, Gorge TseTung e Pinko Starr come minimo ci si aspettano palate di (auto)ironia. Quello che non ci si aspetta è un tiro della madonna e il mestiere nello shakerare così bene stralunate tiritere r&r (Cheap Vodka, Goat Island Beach) e paranoie synthetiche (Li’l Sputnik), coriacei numeri instro surf (Soviet Skunk Serenade) e sferzate ’77 british punk (Tv Room, 464). Eppure il quartetto di Buffalo nei 12 pezzi di Cheap Vodka supera ogni aspettativa. Non sono da meno i componenti dei MODEL CITIZEN che hanno pestato e pestano tuttora duro nei Dexateens, Paul Wine Jones e Parasites. La profondità di Save It For The Campire fa pensare a tutto tranne che ad un estemporaneo side project. I tre dell’Alabama si spostano dal punk’n’roll della prima traccia Empty Room con una tale personalità da ricordare i Willowz. Veleggiano fieri nel mare southern rock, nella psichedelia, nel post punk, nell’indie blues e si permettono persino il lusso di un ballatone strappalacrime per sola chitarra e voce (Birds of Prey). Non so se è un caso che l’etichetta si chiami Nicotine e la band nell’artwork di copertina ricalchi il logo delle Lucky Strike. Di certo l’ingaggio dei Model Citizen è l’ennesimo colpo fortunato della label di Tortona (nicotinerecords.com). Altra etichetta che non sbaglia un colpo è la tedesca Alien Snatch! Lo dimostra ancora una volta il debutto lungo degli HIDDEN CHARMS, trio crucco che schiera ai tamburi e al sintetizzatore Børge di quei pazzi sciolti dei Dean Dirg. Il suono denso e isterico di The Square Root Of Love è la quintessenza del punk’n’roll odierno, la giusta via di mezzo tra il delirio dei gruppi In The Red e il ’77 trasfigurato dei gruppi Rip Off. Nessuna cacatella per compiacere pubblicitari alternativi o mocciosetti in All Star e t-shirt à la page, nessun ammiccamento all’imperante gusto indie o all’hard rock cafone. Questo è Punk, nella forma e nella sostanza, che non disdegna di sfiorare la paranoia wave (Dial M for Misery, Vertical Distraction). Sbrigatevi che nella prima stampa c’è una maschera di cartone leggero da veri delinquenti trash punk (aliensnatch.de).

cover Duitse Herder cover The Leeches cover Cactus

Dalla Germania all’Olanda il passo è talmente breve che, evidentemente, la follia regna anche nel paese dei tulipani. Il nuovo mini cd dei DUITSE HERDER, Blitzkrieg Bark, si apre infatti con un pezzo cantato per metà in italiano che ricorda la furia hardcore dei mitici Indigesti (Ti Scopo Domani). Il trittico finale è un frullato ben assortito di Zeke, Dwarves, Texas Terri e Antiseen. Volgarità e testosterone a livelli di guardia, la sezione ritmica viaggia su binari che portano dritti all’inferno, spunta anche una sbilenca armonica nel finale di Watch Your Back, si riprende quota nell’allunaggio punk di Can He Cook?, per finire in bellezza con la sexy litania southern di Dead Boy (duitse-herder.com). Dei LEECHES ho letteralmente consumato il precedente 7”, carico di inebriante punk’n’roll e autoironia. D’altronde cucirsi addosso l’etichetta “Fat Rock” è davvero inusuale nell’italico panorama dove quasi tutti si prendono dannatamente sul serio. Ciò detto non nego di aver avuto paura che le Sanguisughe potessero cedere sulla lunga distanza. E invece, corpo di mille balene, questi comaschi hanno infilato un disco da brivido dalla prima all’ultima canzone, sul genere dello spettacolare I’m A Dog dei Taxi! Il quartetto brianzolo è andato a scuola dai maestri Pistols, Damned, Ramones, poi è andato a ripetizione da Angry Samoans, Hard-Ons e Adolescents (scoprite da voi la ghost track!). Il risultato è una laurea con tanto di bacio accademico dal titolo Fun Is Dead. Della stampa se n’è occupata la svizzera Nextpunk Records, ma per averne una copia scrivete direttamente alla band (theleeches.it). Rimaniamo in Italia per salutare con orgoglio patriottico un altro esordio lungo coi fiocchi. I CACTUS dopano il post-punk con massicce iniezioni garage’n’roll, producendosi in uno strano ibrido che parte dai Sonic Youth, lambisce la paranoia dei Wire e approda dalle parti della Blues Explosion. Detta così però, da giornalistucolo qualunque, non rende l’idea. Il trio romano intesse un suono anoressico che sconfina nella bulimia, costruisce scarne geometrie aspre come limoni che poi si trasformano in arance mature, alterna momenti di statica quiete a sussulti schizofrenici da camicia di forza. Tutto questo con assoluta maturità e cognizione di causa (haterecords.com).

cover Misty Lane Magazine cover Doolsquad cover Sick Rose

Finiamo ancora una volta dando un senso all’intestazione di questa rubrica. Chi ama il garage-rock nella sua accezione più ampia e rimpiange i selvaggi sixties deve fiondarsi su Misty Lane Magazine. Nel fittissimo numero 20 (pp. 148, € 10,00, http://crea.html.it/sito/NOWSOUND) ora in circolazione, ci trovate retrospettive e interviste a icone quali Zombies, Standells, Prime Movers, Led Zeppelin, Davie Allan ma anche una panoramica sui nomi nuovi tipo Higher State, Kartoons, Staggers, Miracle Men, Mastica e molto altro. Come prezioso allegato il 3° volume su cd di Today Is Just Tomorrow’s Yesterday, ovvero 27 band che disegnano magnificamente la geografia del vecchio e nuovo suono sixties. Per chi non lo sapesse, infatti, la Misty Lane è anzitutto un’etichetta che ripesca gemme perdute e spaccia strepitose band contemporanee con il marchio Teen Sound, come le australiane DOLLSQUAD che nei 30 minuti scarsi di The Rock’n’Doll Sound Of… ammaliano come fecero più di quarant’anni fa Ronettes e Shangri-Las. Completini vintage indossati con gran classe, sensuali ammiccamenti vocali, morbido power-pop-rock, zampilli di soul e garage music. Se negli anni ’80 Pandoras, Go-Go’s e Bangles bagnavano i vostri sogni adolescenziali, questo è il disco che fa per voi. Se invece siete troppo giovani per ricordare quel periodo, vi assicuro che non è mai troppo tardi per recuperare.
Sick Rose La palma d’oro del bimestre va d’obbligo ai SICK ROSE che si rifanno vivi, a vent’anni dallo storico esordio lungo Faces, con lo spettacolare Blastin’ Out. La title track e Cigarette Girl sono quel tipo di ballate che tutti sognano di scrivere, con la voce di Luca Re che commuove, il songwriting che rasenta la perfezione e un organo che pare un guanto di seta sulla pelle. It’s Gettin’ è un gran numero di garage classico, mentre Bad Wait, Until Next Summer e Barbara fanno pensare a quei tramonti di fine estate gravidi di nostalgia e febbrile attesa. Sotto la sapiente regia di Dom Mariani, i veterani torinesi hanno confezionato il miglior manufatto sonoro di power pop plasmato sul patrio suolo da tempo immemore. La prova tangibile che questi splendidi quarantenni sono ancora in grado di far mangiare la polvere al 90% di chi rocca e rolla nello stivale. Potrei dilungarmi in paragoni ingombranti con Flamin’ Groovies da una parte e Real Kids dall’altra. Non lo faccio perchè oggi sono i Sick Rose ad essere un termine di paragone!

In attesa che sia fuori Sonic #5 eccovi intanto la mia rubrichetta “into the garage” apparsa sul numero 3 di ottobre-novembre 2006… mi raccomando, ascoltatevi S.O.S. (Walter Matthau) dei micidiali Leeches.