Gli altri siamo noi: appunti sul MAIA Fest

Non sono un appassionato, tantomeno un intenditore della cosiddetta musica sperimentale: definizione oltremodo ampia e nebulosa, ne convengo. Eppure da ragazzo ero ipnotizzato dagli articoli di Vittore Baroni (che leggo ancora), un fottio di anni fa ho scambiato quattro chiacchiere con Walter Rovere, a 18 anni mi accattai il vinile di Music, Martinis And Misanthropy  di Boyd Rice And Friends e i Clock DVA mi hanno sempre fatto battere il cuore. Di tanto in tanto rifrequento quel mondo lì fatto di matterie più o meno consapevoli: ascolto le cassettine della Old Bycicle Records, mi trastullo con la musica dei miei amici Giustino Di Gregorio/Sprut, Fabio Perletta e Tab_ularasa, lo scorso anno ho persino preso una sbandata per NorN dei Vonneumann.

Il fatto è che sono uno semplice, un tipo binario, mi piacciono le chitarre ignoranti, la ritmica pulsante, la melodia acidula. D’altronde, e mi pare di star proferendo un’ovvietà, nella “musica sperimentale” (virgolette d’obbligo) il confine tra genio e porcheria è invisibile. E io sono pure miope. C’è chi sostiene che il fascino risieda proprio in questa invisibilità, nel prendersi il tempo che occorre per sentire e non solo ascoltare. Ok. Ci sto. A mia discolpa aggiungo che ‘nce ting temp, come ebbe a dire il mitico Fausto: coriaceo elettricista col vizietto della grappa secca, che mi venne a montare i lampadari a casa tenendo su il giaccone per tutto il tempo.

Ciò detto, è stato un piacere partecipare coi compari Amelie Tritesse alla prima edizione del MAIA Fest, Musiche Altre In Abruzzo e presentare in anteprima il nuovo album Sangue di provincia. Già solo per il fatto che “musiche altre” la trovo una definizione più consona e meno colta di sperimentale. Gli organizzatori l’hanno sposata rifacendosi al lavoro di Antonello Cresti. Io la sposo, in chiesa e con l’abito bianco, intendendo la suddetta alterità nella sua accezione popolare e tozziana, ché in fondo gli altri siamo noi, tutti noi. Del festival m’è piaciuto l’ambiente, geografico e non solo. Il clima, atmosferico e non solo. Il buttato lì, musicale e non solo. Ho apprezzato molto la rilassatezza flemmatica ma comunque efficiente tipica dell’Abruzzo Citeriore, la cazzonaggine diffusa e mai sopra le righe, il brusio dei diversi dialetti abruzzesi tra consonanti affricate, vocali aperte e finali atone. Soprattutto ho apprezzato la fornacella per gli arrosticini presente in tutte e due le location che ho frequentato: Calaluna e Zona 22.

Il grazie più sentito lo devo a Or(o)lando, batterista dei White Russia e badante dei gruppi la sera che abbiamo suonato noi. Mi sento di ringraziarlo non solo perché si è messo a nostra completa disposizione, nonostante i mille cazzi da sbrigare e una pelliccia addosso che neanche una lontra marina. Non solo perché ci ha prestato la batteria che ci ha fatto trovare montata e amplificata, prestandosi pure a suonarla per noi al soundcheck assieme a Federico Sergente degli Zippo. Lo ringrazio per la sua gentilezza ascetica con la quale m’ha confessato che giusto il giorno prima era rientrato dal viaggio di nozze. E quando gli ho chiesto dove erano stati, m’ha risposto serafico: “In Egitto, poi in Polonia e alla fine in Calabria in camper”.

Amelie Tritesse a Roseto degli Abruzzi

Con gli Amelie Tritesse abbiamo fatto l’ultimo concerto il 21 ottobre del 2016. A poco meno di un anno di distanza ci rifacciamo vivi venerdì 1 settembre, al Lido Mediterraneo di Roseto degli Abruzzi. E se la matematica non è un’opinione questo sarà il 46esimo concerto della piccola banda nata più o meno per caso 10 anni fa.

Non era nei programmi tornare a suonare dal vivo a breve, abbiamo da poco registrato i pezzi che andranno a finire nel nostro secondo album e l’idea era quella di aspettare l’uscita per poi iniziare a fare qualche scorribanda sui palchi.

Ma all’invito dei ragazzi del MIT – Musica Inedita Teramana non potevamo dire di no. Sarà un piacere condividere il palco con gli Inutili (almeno me li vedo finalmente dal vivo per intero) e con il giovane cantautore La Nausea. Forza Teramo.

È facile dire week-end…

Ho trascorso un gran bel week-end in famiglia. A oltre 400 km da casa ma in famiglia è il termine esatto. Intanto perché con me c’erano le due donne della mia vita, Barbara e Martina: la mia vera famiglia, appunto. E poi perché mi sono sentito a casa, nonostante i 400 km e rotti di cui sopra, divertendomi da morire. La scusa è stata la presentazione di Andare in cascetta allo Spring Rumble Festival di Siena. La chiamo “scusa” perché sono più interessato al prima, al dopo, alle chiacchiere fuori mano, agli incontri, alle dinamiche empatiche, alle pacche sulle spalle, al contorno insomma. Mi ha fatto un immenso piacere trascorrere del tempo con Nico che ha reso possibile tutto ciò e che ringrazio ancora di cuore per l’accoglienza; conoscere finalmente suo fratello Luca e poi FabioBilly Boy” (assieme nei sorprendenti The Dirtiest), Pete della Slovenly Records, Andrea che ci ha ospitati nel suo splendido B&B Santa Chiara, i ragazzi di Cacio & Pere dove si è tenuta la presentazione, Francesco e tutti gli altri della Corte dei Miracoli che hanno organizzato un festival coi controcazzi.

AIC - Cacio & Pere - 29 aprile 2016

È stato bello abbracciare in terra senese concittadini di peso (e giuro che non c’è doppio senso) come Daniela, Cristina, Lorena e Gabriele, ovvero i/le Wide Hips 69 che peraltro hanno fatto un concertone esaltando tutti i presenti la sera di venerdì 29. Così come gli amici Chronics di cui mi sono gustato il live – che mi è piaciuto davvero molto – con il Toma sugli scudi, il Turci bene in arnese e il Felcini meravigliosamente sulle nuvole. Incontrare Daniela e Filippo degli ottimi Plutonium Baby, scambiare quattro chiacchiere su vecchie chitarre e batterie italiane con il master Michele Landi e rivedere Marco “Tony Rathskeller” all’opera con il suo nuovo, interessante progetto The Fish Revenge.

Mi ha talmente preso bene la faccenda del Festival che la seconda sera, sabato 30, mi sono persino lanciato in una session improvvisata leggendo il mio racconto Mo’ ti faccio piangere al microfono accompagnato proprio da Marco “Tony Rathskeller” al rullante e Nico alla chitarra (una fiammante Wandre Davoli Cobra della collezione di Michele): che ringrazio per l’opportunità e per la follia.

In questo giro di doverosi e sentiti ringraziamenti di certo dimentico qualcuno e mi scuso per questo. È stato tutto molto fregno. Pure troppo per essere vero. Grazie davvero. Grazie sul serio.

Ecco la spasa che ho fatto appena ho messo piede a casa.

 

SottoTerra numero tre… ‘o cess aspetta solo a te

SottoTerra#3_ridÈ appena uscito il terzo numero di SottoTerra, che onestamente non ho ancora capito se si scrive come ho fatto io oppure Sottoterra o Sotto Terra.
L’ingegner Belli, braccio destro del prof. Frazzi che dirige la rock zine, dice che me lo hanno spedito ieri. Quindi sono ancora in attesa di riceverlo e poggiarlo nello stipetto into ‘o cess per leggerlo con calma alla bisogna.
Da contratto non posso riportare nulla qui sopra. Ma posso dire che ho contribuito con una recensioncina e con la seconda puntata di Cronache del (mio) juke-box. Il pezzo è strutturato, come al solito, in quattro sezioni. I titoli sono The Fall (of my father), Il 7” da juke-box, Cassette e cassonetti della spazzatura e Jukebox Explosion. Nella parte relativa a cassette e cassonetti c’è una breve intervista a Ed della bella etichetta Dumpster Tapes di Chicago. Soprattutto ho cianciato del juke-box a cassette, ovvero dello spettacolino che potete vedere nel video.
SottoTerra, Sottoterra, Sotto Terra, o come diavolo si scrive, ha anche un nuovo sito web dove potere facilmente acquistare la zine preferita dei quattro stronzi che ancora seguono il r’n’r dei bassifondi, eccolo: www.sottoterrarockzine.it