BASSHOLES, le radici del blues punk

Bassholes

BASSHOLES – Blackbird mp3 (da “Bassholes”, Dead Canary 2005)

Per intervistare i Bassholes non c’era occasione migliore dell’uscita del nuovo album – dopo ben 7 anni di silenzio creativo – e del lungo tour che li ha portati in giro per mezza Europa nei mesi di febbraio e marzo 2005. Così, approfittando della fondamentale mediazione di Romy di Evil Bitch 666, sono riuscito ad intercettare uno dei padri putativi del blues punk a stelle e strisce. il prof. Don Howland, molto prima della Blues Explosion, degli Oblivians o di chi altro volete voi, mescolava questi due generi facendone venire fuori quella mistura assassina che ancora oggi crea proseliti. Ad insaporire il tutto, vagonate di country slabbrato, folk indigesto e qualsiasi altra frattaglia di musica tradizionale americana.

Hai iniziato una vita fa, prima con i Great Plains e poi con i Gibson Bros. Ti rendi conto di essere responsabile della nascita del sound bastardo che mescola musica tradizionale americana, blues e punk. Come vedi, a quasi vent’anni di distanza, lo sviluppo di questo genere (penso a White Stripes, Blues Explosion ma anche a ILCK, Black Keys, Soledad Brothers)? Ci sono band odierne che ti piacciono particolarmente?
Non do molta attenzione alle nuove band, vanno e vengono, anche se mi fa piacere che abbiano successo. Sto cominciando a rendermi conto che il r’n’r non morirà mai. Sembra che la gente stia facendo il callo all’idea che nulla di “nuovo” può essere fatto. Tra le nuove band ascoltate mi piacciono gli Arcade Fire di Montreal: sembrano i Talking Heads del ’77 con arrangiamenti più corposi in stile Motown. Mi piacciono anche i Clinic, i loro dischi suonano tutti alla stessa maniera e proiettano un’anonimia intenzionale. Non posso dire che mi piacciano altre nuove band, sto ascoltando un sacco le Bikini Kill, Aladdin Sane di David Bowie e roba ancora precedente. Quasi sempre vecchia soul music. Continua a leggere BASSHOLES, le radici del blues punk

Tito, Giancarlo e il Montepulciano d’Abruzzo: The Brainsuckers

… quando il rock’n’roll si fa un tango con la psichedelia e il garage-punk entra in tackle da dietro!

Il mio battesimo su Mente Locale non poteva che essere bagnato da due sopraffine menti locali: Tito e Giancarlo ovvero la testa e i muscoli dei Brainsuckers, band che da una decina d’anni infuoca gli italici palchi a suon di r’n’r psichedelico imbastardito dal garage-punk dei 60’s. L’incontro è fissato al centro di Teramo. Undici gennaio. Ore ventidue e quindici. Gli infreddoliti parcheggiatori di Piazza Dante sono già andati a farsi scaldare le membra dalle loro mogli (o da qualche zoccola ucraina). Noi siamo asserragliati dentro la tabaccheria di Giancarlo. Una specie di luminaria natalizia dà un senso appena compiuto alle nostre sagome. Dalle casse di un pc da quattro soldi fuoriesce il sound degli Small Jackets, hard’n’roll romagnolo inzuppato nel San Giovese. Per non essere da meno stappo una riserva di Montepulciano della Cantina di Colonnella e riempio tre bicchieri. Adesso si può partire. Esordisco rivangando il concerto al Rude Club di Pescara, il 16 dicembre scorso. Tito (Tito and The Brainsuckers)Faccio notare a Tito che mi ha colpito il loro tiro punk, canzoni da tre minuti e via, gente subito in piedi a ballare. “Abbiamo recuperato un po’ l’immediatezza, siamo un trio e tirarla per le lunghe può farci andare fuori binario, comunque dipende molto da come ci sentiamo, dal tipo di serata e dal pubblico… e poi le nostre radici sono il garage-punk. Il pubblico ha risposto bene perché ha riconosciuto come proprio un archetipo della cultura rock’n’roll. Il Rude è un nuovo locale che ha bisogno di essere supportato in una realtà difficile come la nostra, e ti parlo anche in veste di promoter e organizzatore di eventi. Non c’è da stupirsi se la gente, che so, va ad Ancona perché qua non c’è rimasto niente. Continua a leggere Tito, Giancarlo e il Montepulciano d’Abruzzo: The Brainsuckers

THE RIPPERS, i pastori del garage punk

The Rippers

 THE RIPPERS – Leave me alone mp3 (da “Track From Beyond” 7″, SYA 2001)

L’occasione fa l’uomo ladro… e il recensore ingordo. L’occasione di cui parlo è la ristampa in cd dell’esordio lungo dei Rippers datato 2003, con l’aggiunta dei primi tre singoli. Pezzi di vinile andati sold out in pochi mesi, che la sapiente label teutonica Screaming Apple ha pensato bene di riproporre nel formato digitale. L’appellativo di pastori del garage-punk calza a pennello alla band sarda, e non solo perché arrivano da una splendida terra dedita da sempre a questa onorevole attività ma anche, e soprattutto, perché questi cinque ragazzi aizzano i fedeli del fuzz come dei veri e propri predicatori.

Si sa poco sul vostro conto: non sarebbe ora di giocare a carte scoperte?
È vero… chi non ci conosce non sa praticamente niente su di noi e in realtà preferiamo così… quindi niente nomi, se vuoi puoi indicarmi come Ripper IV. Ci siamo incontrati per caso nel 2000, io e il primo bassista dei Rippers suonavamo insieme in una band dedita al garage-punk. Un giorno fui contattato telefonicamente da un ragazzo (il futuro chitarrista Ripper III) che aveva comprato il disco del mio vecchio gruppo e voleva organizzarci un concerto nel suo paese (Ales 80 km da Cagliari). Fu così che ci incontrammo e viste le passioni che avevamo in comune nacque subito l’amicizia. In seguito Ripper III si trasferì a Cagliari per un anno, viveva insieme ad un altro ragazzo del suo paese (il futuro batterista Ripper I) così, per gioco, un giorno ci ritrovammo nel garage dove mi riunivo con la mia band e iniziammo a suonare. All’inizio nessuno di noi aveva l’intenzione di prendere seriamente la cosa, suonavamo infatti già tutti in dei gruppi dediti in qualche modo al rock’n’roll… però più passava il tempo e più la cosa prendeva una piega imprevista e iniziava ad appassionarci sempre di più, soprattutto dopo l’uscita del primo 7”, decidemmo così di lasciare le nostre rispettive band e dedicarci anima e corpo al progetto Rippers… Continua a leggere THE RIPPERS, i pastori del garage punk

LUCA FRAZZI, un gooner punk rock di provincia!

foto Luca Frazzi

Era da un po’ che volevo farmi quattro chiacchiere con LUCA FRAZZI e non c’era opportunità migliore dell’uscita nell’estate del 2003 del suo ultimo libro Lontano da Highbury – diario italiano dell’indimenticabile stagione dell’Arsenal 2001/2002 per esaudire questo desiderio. L’occasione fa l’uomo ladro così, interloquendo con uno che scrive di musica non allineata da più di 20 anni, la discussione è arrivata sino al punk, al r’n’r, allo stato di salute della stampa musicale “alternativa” del belpaese, ecc. Un’ora al telefono non significherà granché, ma è bastata a confermarmi l’idea che mi ero fatto leggendo da anni i suoi articoli. Luca Frazzi è persona competente, alla mano, discreta, timida, agli antipodi di molti critichini musicali con la puzza sotto il naso (indistintamente di fanzine e riviste ufficiali) con cui mi è capitato di scambiare qualche parola. A voi.

Partiamo dal libro Lontano da Highbury di recente pubblicazione per i tipi di Libri di Sport. Come è nata l’idea?
cover Lontano da Highbury L’idea del libro è casuale… io ho varie agende in cui annoto un po’ di cose, personali e non, e mi sono accorto che alla fine della stagione calcistica 2001/2002 mi ero appuntato diverse cose sull’Arsenal, partita per partita, così, dopo la gara col Manchester, ho pensato che era il caso di buttare giù qualcosa di più articolato. L’ho fatto principalmente per me stesso, mi sarebbe spiaciuto perdere il ricordo di queste emozioni.

Quindi inizialmente non pensavi ad una pubblicazione…
No, non inizialmente. Poi in un secondo tempo ho parlato di questa roba qui con un amico inglese ed è uscito fuori che quello che avevo scritto avrebbe potuto incuriosire i tifosi inglesi dell’Arsenal. Sinceramente ci avevo pensato anch’io a questa ipotesi perché conosco la situazione del tifo dell’Arsenal. Ci sono molte pubblicazioni (amatoriali e non) relative ad ogni singola squadra inglese, che vengono vendute fuori dallo stadio… anche perché, solitamente, chi ne compra una è un completista. Da lì è venuta quindi l’idea di dare una forma più definita agli appunti che avevo, con una scansione partita per partita, con date ecc… malgrado fossi ben cosciente che sarebbe stata la stessa scansione che aveva dato Nick Hornby. Continua a leggere LUCA FRAZZI, un gooner punk rock di provincia!

FEDERICO FIUMANI, la poetica del punk

 

 

Federico Fiumani 1Se da tempo immemore sei un accanito fan di un artista con cui non hai mai scambiato più di due parole; se te lo aspetti come te lo sei sempre immaginato ascoltando i suoi dischi; se, insomma, riponi in lui una pur giustificata aspettativa… be’, è molto probabile che ne rimarrai deluso! L’artista a lungo idealizzato è una persona come le altre, a volte addirittura al di sotto della media. Questo è il motivo per cui dal 1988 (quando vidi i Diaframma dal vivo per la prima volta) ad oggi non mi sono mai intrattenuto con Federico Fiumani dopo un concerto: sostanzialmente per evitare una delusione. Ma il 17 giugno scorso non ho potuto esimermi. Fiumani è stato ospite del Festival letterario Lib[e]ri di Teramo ed il sottoscritto aveva il compito di introdurre il suo reading/concerto “Confidenziale” e di animare una breve discussione sul suo recente libro Dov’eri tu nel ’77? (Coniglio Editore, pp. 95, euro 10,00). dov’eri tu nel ‘77?Non riesco a descrivere la grandezza e l’umiltà di uno dei principali pionieri della new wave italiana dei primi ’80, è meglio utilizzare le sue parole: “… sono sempre stata una persona molto sola, avevo qualche amico che amava la new wave e quindi l’ho amata anch’io. Per me la musica è stato un modo per uscire dalla solitudine, per comunicare, per accorgermi che le cose che provavo io, il mondo che avevo dentro, potevano anche interessare a qualcun altro: un modo di sentire molto sottile, ma molto forte… in questo senso la musica mi ha cambiato la vita, fino a diventare probabilmente la mia ragione di vita, la new wave in particolare…Federico Fiumani 2 sono orgoglioso di aver fatto la mia parte e mi fa piacere che quello che abbiamo fatto 20 anni fa ancora viene ricordato… una grande soddisfazione che all’epoca mai mi sarei aspettato, anche perché a quei tempi eravamo stigmatizzati dalle generazioni precedenti che dicevano che il rock non poteva essere fatto in italiano, che non sapevamo suonare (cosa vera peraltro), ma chiunque aveva delle idee e un mondo interiore poteva suonare… la new wave è stata tutte queste cose: molti amici, molti affetti, molte ragazze, non moltissimi soldi ma va bene così.” L’agile libro del leader dei Diaframma ha una struttura inusuale, schizofrenica, che vive nell’alternanza di poesia pura e scossoni punk, aneddoti personali e pensieri sparsi, prosa tagliente e struggente autobiografia. E la sua genesi non poteva che essere tormentata. “Una mattina mi sono svegliato più depresso del solito e dopo molte tribolazioni mi è venuto un istinto pazzesco di scrivere, come una sorta di scrittura automatica, mi abitava un demone che mi costringeva a scrivere… dopo qualche giorno ripresi l’infinità di cose che avevo scritto e selezionai quelle che mi sembravano più riuscite, che sono poi la prima parte del libro: poesie vere e proprie. Poi con l’editore abbiamo deciso di includere spunti autobiografici, racconti, riflessioni sulla musica e inevitabilmente anche sulla musica del ’77 che per me è stata la scintilla che mi ha fatto capire che potevo provare a suonare in un gruppo… quindi abbiamo messo tutto insieme, una sorta di miscellanea, ed è venuto fuori questo libretto da parte mia assolutamente onesto e sincero.” Che sia un libro sincero non ci sono dubbi. Federico Fiumani 3D’altronde Fiumani è sempre andato dritto per la sua strada, fregandosene altamente di compiacere il pubblico, la stampa musicale e il cosiddetto mondo del rock dove, “… più si fa schifo più si è bravi. Più si scandalizza e meglio si è.” Fiumani è “un piccolo cinghiale che rovista fra i rifiuti”, impossibile ammaestrarlo, uno che va a caccia di dischi che non vogliono insegnargli niente, sprezzante verso i gruppi punk di adesso che sono “tutti atleti mancati pieni di forza e di energia ma senza talento.” Uno che ama solo chi fugge, affascinato da “la decadenza, il declino, i trucchi per rimanere a galla, i compromessi con le cose e con la vita (di un artista)” e non dalle luci della ribalta che si accendono e si spengono attraverso i subdoli giochetti del music biz. Fiumani è un poeta e un punk, entrambe le cose nell’accezione più nobile. O meglio, Fiumani è Il Poeta del Punk: l’unico rimasto in Italia. “Adesso il punk è cambiato, è più un punk’n’roll, più una cosa fatta per divertirsi… ciò che mi attirava del punk del ’77 invece era proprio la malattia, l’emarginazione, la diversità che emergevano dai solchi e dalle immagini… i punk avevano l’aspetto di gente maledetta, malata e a me piacevano moltissimo anche perché all’epoca ero appassionato della poesia simbolista francese: Rimbaud, Baudelaire, Mallarmé, Verlaine… i punk rappresentavano la versione in musica di questi poeti maledetti e mi piacevano molto anche esteticamente … la musica di adesso mi piace meno ma è anche un fatto generazionale, nel senso che a 17 anni (quanti ne avevo io nel ’77) sei una sorta di carta assorbente… più passano gli anni è meno sei disposto ad entusiasmarti di fronte al nuovo perché non ti sembra poi tanto nuovo.”

Questo pezzo è stato pubblicato sul bimestrale musicale Sonic #2 di agosto-settembre 2006, all’interno della rubrica “carta vetrata” da me malamente curata.